martedì, novembre 29, 2005

IL SEGNO DI ZORO A TREVISO

Maldini, Spalletti, Lippi, Ronaldinho, Martins, Mancini, Ancelotti, Moggi e potrei continuare a lungo. Ognuno di loro è intervenuto sul caso Zoro, il giocatore del Messina che domenica voleva lasciare il campo perchè stufo di sopportare gli insulti razzisti che gli arrivavano dalla curva occupata dagli ultras interisti. Ha preso in mano il pallone, interrompendo il gioco, dirigendosi verso gli spogliatoi prima di essere intercettato e convinto a rimanere da Adriano e Martins. Un episodio che ha riportato sotto i riflettori la piaga del razzismo sui campi di calcio.
Bene, il caso vuole che Zoro, domenica prossima, sia uno dei protagonisti dell'incontro Treviso-Messina. Come tutti sanno gli ultras trevigiani si sono spesso fatti riconoscere per i loro atteggiamenti razzisti, colpendo soprattutto giocatori della propria squadra, l'ultimo in ordine di tempo Reginaldo. I giornali locali hanno chiesto un'intervista all'attacante biancoceleste: cosa assolutamente normale e, ritengo, doverosa considerate le circostanze. Ovviamente il solerte ufficio stampa del Treviso ha negato l'intervista, forse per "prudenza".
Tutto il mondo del calcio parla di quanto accaduto e, dico io, più se ne parla meglio è: hai visto mai che certa teppaglia tipica degli stadi cominci a vergognarsi. Treviso invece no. Reginaldo poi non può dire nulla, nemmeno esprimere solidarietà al collega Zoro.
Ormai non mi stupisco nemmeno più: non so se il Treviso si salverà, la sua dirigenza però è retrocessa da tempo.

UN SALUTO

Saluto gli amici Frank e Harry per il loro insostituibile apporto a questo blog.
Chi ha orecchie per intendere intenda.

domenica, novembre 27, 2005

BUSH, GLI USA E GLI UFO

Giornata da ricordare per gli "ufologi" di tutto il mondo. Un ex ministro della difesa canadese, Paul Hellyer, in una conferenza all'Università di Toronto ha ammesso non solo l'esistenza degli Ufo ma anche confermato quello che in molti sospettano da tempo: gli Usa dal 1947 hanno le prove dell'esistenza di forme di vita nello spazio. Di più, nella segretissima base "Area 51" in New Mexico si nascondono corpi di extraterresti e pezzi di ufo, i famosi resti delle incidente di Roswell. Addirittura gli Usa temono una possibile guerra intergalattica e, nel bilancio 2005, hanno stanziato fondi per le prime armi "spaziali". Bush avrebbe anche chiesto alla Nasa di realizzare una base sulla Luna entro il 2020 per poter controllare meglio questi oggetti volanti e in caso di necessità, intercettarli.
Le cose sono due:
A) E' tutto vero: gli alieni ci invaderanno ma Goldrake ci salverà.
B) Voglio sapere con che criterio, in Canada, scelgono i componenti del governo...

venerdì, novembre 25, 2005

ADDIO AL MAESTRO DI KARATE KID



Qualcuno si ricorda del maestro Miyagi di Karate Kid? Avete presente? Quello del "metti la cera, togli la cera...". Purtroppo è morto a Los Angeles all'età di 73 anni. Si chiamava Pat Morita e, tutto sommato, era la parte migliore di un film molto apprezzato dagli adolescenti della mia generazione.

IL DOPING NELLE BOCCE

Ok, siamo arrivati al limite: anche nelle bocce scoppia il caso doping. Da Corriere.it:

"Un anonimo giocatore è diventato il primo caso in assoluto al mondo di positività ai test anti-doping nelle bocce. Su identità e nazionalità dell'atleta non è trapelato nulla: si sa soltanto che è di sesso maschile e che è stato pescato ai Campionati delle Isole Britanniche, svoltisi lo scorso giugno a Leamington Spa, nell'Inghilterra centrale".

L'atleta in questione si difende dicendo che ha preso un farmaco regolarmente prescritto dal medico. I giudici di gara per affermano che alcune delle sue bocce sono state viste partire dalla sua mano e ritrovate in fondo al mare a parecchi chilometri di distanza.... :-))

UN PO' DI CHIAREZZA (CALCISTICA...)

Avvicinandosi la partita Juventus-Treviso qualcuno ha anche provato a fare lo spiritoso chiedendomi: "Ma domenica non tiferai mica contro il Treviso?". Ovviamente si è beccato una rispostaccia: "No, tiferò, senza se e senza ma, per la Juventus. Spero inoltre che Ibra ne segni tre, che Cannavaro spieghi a Reginaldo cosa vuol dire subire la marcatura ferrea di un campione e che Gallo si spompi nell'inutile tentativo di scardinare la palla dai piedi di puma Emerson". Mi pare di essere stato sufficientemente chiaro.

martedì, novembre 22, 2005

LA MARCIA DI FIORELLO

la Marcia dei Pinguini è un bel film-documentario. Avevo letto alcune recensioni e mi ero fatto un'idea positiva, confermata anche dopo l'uscita dal cinema. Però ha un solo, grande, enorme, difetto: Fiorello. La sua voce fuori campo che lega i vari momenti della storia, che commenta e introduce è deleteria. Banalizza oltre ogni decenza la filosofia del film, rendendolo non tanto un prodotto per bambini, come Nelle intenzioni, ma per mentecatti. Ma si può?
Se fossi in Fiorello non vorrei mai incontrare chi ha passato settimane a 30-40 gradi sotto zero per fare delle riprese suggestive, forse avrebbe qualcosa da ridire nel vedere maltrattato in questo modo il proprio lavoro....

venerdì, novembre 18, 2005

LO SCIOPERO DEL NI

Il modo del giornalismo è pieno di furbacchioni, ma quello che si distingue di più in questi giorni è Pino Aprile, il direttore del settimanale Gente del gruppo Hachette Rusconi. Leggete un po' in quale spericolato equilibrismo si getta per giustificare l'uscita del suo giornale nonostante lo sciopero dei giornalisti della settimana scorsa (nei giorni in cui si chiudeva il numero in edicola da giovedì):
"Questo numero di Gente _ recita un breve comunicato pubblicato a pagina 18 _ è in edicola nonostante lo sciopero indetto dalla Federazione della Stampa, dopo la rottura delle trattative per il contratto di categoria con la Federazione editori. La maggioranza dei giornalisti di Gente ha scioperato. Io ho deciso di farlo uscire lo stesso: delle edicole vuote, qualcuno avrebbe potuto approfittare. E' il compito del direttore è mantenere ininterrotto il dialogo con i lettori. Per non far danno al giornale ma segnare ugualmente la durezza della vertenza, ho tolto a questo numero di Gente 32 pagine, quasi tutte di pubblicità. Gli editori non perdono soldi solo quando il giornale non esce, ma anche quando sono privati di una delle principali fonti di reddito".
E bravo Aprile: fai il crumiro, però ti autoassolvi come salvatore della patria. La tua categoria rimane alla larga dalle redazioni, e quindi perde giornate di lavoro non retribuite, invece tu lavori (pagato, immagino) per mentenere "ininterrotto il dialogo con i lettori" e per evitare il vuoto nelle edicole: "qualcuno avrebbe potuto approfittarne" (quindi lo hai fatto tu: non fa una grinza).
Però esci con un numero ridotto, 32 pagine in meno: la settimana scorsa Gente aveva 182 pagine, questo numero ne conta 138 (ma come? 182-138 fa 44....). Ma quelle in meno "sono quasi (quasi?) tutte di pubblicità". Delle 138 pagine in edicola 46 sono completamente dedicate alla pubblicità (compresa la copertina) e non conto le mezze pagine. Non è che quelle 32 (o 44) in meno le hai tolte semplicemente perchè non avevi un numero sufficiente di redattori per farle? Sai, è solo un dubbio. E quelle 46 pagine di pubblicità, più le copie vendute, siamo così sicuri che non procurino ugualmente un guadagno accettabile all'editore? In fin dei conti non paga gli stipendi dei giornalisti rimasti a casa, però ci guadagna lo stesso dalla pubblicità e della copie vendute. I lettori, come sai, non hanno fatto nessuno sciopero. Tutta la categoria, grata, ti ringrazia per il tuo sacrificio.

IL RICORDO DI UN INCHINO

Un gesto: un semplice inchino. E' quello che questa sera Popovic, centro serbo della Benetton, ha fatto davanti alla cuva esultante. Eh sì, Popovic ha contribuito non poco a stendere la Fortitudo, la "nemica" di sempre. Una vittoria splendida di cui lui è stato un protagonista. Quell'inchino però me ne ha fatto venire in mente un altro, di qualche anno fa, forse il 1996 o il 1997. A Treviso era di scena la Telemarket Roma per un quarto di finale dei play off. Nelle sue fila giocava Davide Ancilotto, allora giovane promessa del basket italiano, un ragazzo destinato a fare grandi cose. E quella volta fece un partitone tanto che la Telemarket sbancò il Palaverde. Uscendo dal campo, lui autore di una prova maiuscola, si produsse in un inchino canzonatorio che mandò su tutte le furie il pubblico. Cose di giovenù. Pochi giorni dopo la Benetton andò a vincere a Roma riportando la serie in parità. La bella si svolse al Palaverde. La Telemarket non seppe ripetersi e la Benetton vinse dando spettacolo. A fine partita capitan Pittis chiamò in mezzo al campo tutta la squadra e assieme fecero un inchino identico a quello di Ancilotto pochi giorni prima, una sottile rivincita verso chi era stato un po' sbruffone. Ho seguito entrambe le partite dalla curva, divertendomi un mondo.
Mi divertii molto meno, anzi piansi come tutto il mondo del basket italiano, quando pochi mesi dopo Davide Ancilotto morì per un endema celebrale che lo colse durante un incontro. Un lutto tremendo per tutto lo sport italiano.
A volte basta poco per aprire il libro dei ricordi.

mercoledì, novembre 16, 2005

NERO=CLANDESTINO

Io non sono allibito, sono disgustato. Leggete cosa è capitato nella civilissima Italia, anzi nell'ancora più civile Perugia, ad uno studente francese di colore.

L'INTERITE COLPISCE ANCORA

"L'interite" è contagiosa, ormai è dimostrato.
Sentite Alvaro Recoba (asso interista) prima dello spareggio tra Uruguay e Australia per l'accesso ai Mondiali di Germania: ""L'Uruguay è l'Uruguay, ha un diritto divino di giocare il Mondiale". Infatti: Australia-Uruguay 5-2 dopo i calci di rigore. Canguri in Germania e per la terza volta nella loro storia qualificati alla fase finale di un mondiale e uruguagi a casa.
Ma a Recoba, dieci anni di Inter non hanno insegnato proprio niente?

martedì, novembre 15, 2005

FENOMENI CONTRO FENOMENI

Se state ancora discutendo dell'incredibile video di Ronaldinho, quello della traversa centrata quattro volte consecutive senza mai far cadere la palla, guardatevi questa esibizione dell'asso Nba dei Cleveland Cavaliers LeBron: per cinque volte di fila fa canestro, "tutta retina", tirando da 28 metri... E guardate soprattutto la faccia del tipo a sinistra dello schermo dopo il quinto tiro, è la cosa che merita di più.

ATTENTI AGLI UOMINI NERI

Il mondo della palla ovale è scosso dagli uomini neri. Gli All Blacks sono in Europa e si fanno sentire. Hanno affrontato il Galles nel tempio di Cardiff umiliandolo per 41-3; poi sono passati sopra all'Irlanda a Dublino lasciandosi alle spalle macerie e una vittoria imbarazzante per 45-7. Fenomeni? A mio parere di più. Da una partita e l'altra il ct Graham Henry ha cambiato 15 giocatori, cioè tutti. Ha giocato con due squadre e le "riserve" hanno massacrato gli avversari così come i "titolari". Il mondo della palla ovale è scosso (credo...). "Per ogni ruolo voglio due giocatori in grado di affrontare un match al massimo livello _ ammette candidamente Henry _ voglio che in ognuno ci sia pressione per conquistarsi il posto". Si dice che abbia pronunciato queste parole con un ghigno.
E l'Inghilterra, rinchiusa dentro le sacre mura di Twickenham, comincia a sudare freddo: sabato dovrà arginare la marea nera.

Ps.: Non sono un esperto di rugby ma devo ammettere che questo sport ha un fascino magnetico e la letteratura sulla palla ovale è vastissima e interessantissima, poi ho un paio di ottimi maestri...

NON C'E' CHE DIRE: DA PREMIO NOBEL...

Una ricerca da premio Nobel: prendere freddo provoca il raffreddore. Da non credere, vero? Sembrava incredibile ma è così. La fondamentale scoperta l'hanno fatta in Gran Bretagna ed è stata riportata con grande risalto da una parte della stampa italiana.
Non so se siano più demenziali gli studi fatta dagli scienziati, fondamentali immagino per aprire nuovi e inesplorati orizzonti nello sconfinato mondo della medicina (il freddo provoca il raffreddore ecchecavolo! Cosa pensavate di poter andare in giro in costume da bagno in pieno inverno impunemente? Cosa? La prossima scoperta? L'acqua calda scotta...), oppure il giornalista che ne ha parlato prendendosi anche sul serio...

domenica, novembre 13, 2005

MURARO, NASTRI E ROTONDE

Povero Muraro, presidente (vicario) della Provincia. Ogni settimana trotterella da un angolo all'altro della Marca per inaugurare rotonde e tagliare nastri in pompa magna, seguendo alla lettera la lezione del suo maestro e predecessore Luca Zaia: sfruttare ogni occasione per mettersi in mostra, soprattutto sotto elezioni. Nove volte su dieci però, per non dire dieci su dieci, viene ignorato dai quotidiani locali che al massimo gli riservano una breve o una foto notizia. E nell'unica occasione che guadagna la prima pagina tagliando un nastro lo fa perchè...viene contestato! E' capitato ad Altivole dove il nostro sorridente presidente (vicario) è stato accolto a fischi e pernacchie dai residenti imbufaliti dal tracciato della Pedemontana, superstrada che passerà a ridosso del paese. Muraro ha anche tentato di far finta di niente, di concentrarsi sul nastro, tutto inutile: quegli antipatici dei contestatori si sono infilati ovunque, anche nelle foto ufficiali. Nonostante gli ammirevoli sforzi degli addetti stampa "armati" di macchina fotografica, cartelli di protesta e striscioni sono finiti in tutte le inquadrature.
Mi sia concesso: a Zaia questo non sarebbe capitato. Da fine politico avrebbe fiutato da lontano aria di contestazione e ad Altivole avrebbe spedito un altro, sicuramente lo stesso Muraro (destino segnato), o avrebbe fatto aprire la rotonda senza il solito teatrino delle inaugurazioni. Altra pasta, decisamente.

sabato, novembre 12, 2005

NON E' PIU' LA SCUOLA DI UNA VOLTA...

"Cacao Elefante, quotidiano dell buone notizie" di Jacopo Fo offre sempre delle perle. Questa una delle ultime:
"Ryan Dwyer, studente di una scuola media nei pressi di New York, aveva pubblicato critiche rivolte agli insegnanti sul guestbook del sito internet dell'istituto, e questo gli era costato una sospensione. La notizia di oggi e' che un giudice federale della corte del New Jersey ha condannato la scuola a pagare al ragazzo un risarcimento danni pari a 100mila euro, per aver limitato la sua liberta' di parola".
Questo ragazzo è già diventato un mito (anche il giudice..)

venerdì, novembre 11, 2005

RUGGERI, UN RICORDO

Ore 20,30 o giù di lì. Sono in macchina con la mia dolce metà, stiamo percorrendo il Put all'altezza di Porta Calvi. Ad un certo punto sentiamo arrivare un'ambulanza. Anzi, prima vediamo riflesso sullo specchietto un lampeggiante blu accesso in lontananza, poi sentiamo l'urlo smorzato di una sirena, infine la scorgiamo avanzare e accostiamo a destra per lasciarle la corsia libera in direzione ospedale. "Va veloce _ dico io _ chissà cos'è successo". Il discorso finisce lì.
Ore 22,15, minuto più minuto meno, sono in pizzeria a Volpago con degli amici, festeggiamo un neo avvocato. Squilla il telefonino e riconosco il numero del "capo": "E' successa una disgrazia _ mi fa _ è morto Ruggeri, l'ex vice comandante dei vigili. Puoi darci una mano?". Ovviamente non posso anche se mi piacerebbe: sono a una ventina di chilometri da Treviso e senza agenda telefonica. "Ok, non importa. A domani". Devo dire che la notizia mi colpisce: Camillo Ruggeri lo conoscevo bene, lo avevo sentito molte volte ed ero stato io ad intervistarlo il giorno della sua pensione per il giornale con cui lavoravo all'epoca. Una bella intervista, ricca di aneddoti sui vigili e sui sindaci che si sono avvicendati a Ca' Sugana per 40 anni. Del resto lui a Treviso era un'istituzione, lo conoscevano tutti. Eravamo rimasti in buoni rapporti e, quando ci incrociavamo, scambiavamo sempre due parole.
La mattina dopo, oggi. Leggo che Ruggeri è stato investito in viale Europa a due passi da casa. Era in bicicletta quando un'auto lo ha centrato in pieno. L'incidente è successo poco dopo le 20. L'orario mi colpisce: incidente poco dopo le 20, io incrocio poco lontano un'ambulanza che schizza verso il Ca' Foncello verso le 20,30... Forse ho assistito all'ultimo disperato viaggio di Ruggeri.
Sono ancora più turbato. Il mio pensiero va a sua figlia Tina, una collega e un'amica, e alle sue due nipotine. Le parole sono inutili.

mercoledì, novembre 09, 2005

TREVISO, LA FARSA E' COMPIUTA

"La Società Treviso Football Club 1993 Srl comunica che in data odierna sono stati esonerati l'allenatore Ezio Rossi e il preparatore atletico Andrea Bellini.
La Prima Squadra è stata affidata ad Alberto Cavasin, che ha sottoscritto un contratto fino al temine della Stagione Sportiva 2005/2006.
Cavasin sarà coadiuvato da Daniele Farnedi, preparatore atletico, e da Gianni Bortoletto, collaboratore tecnico. Allenatore in seconda e preparatore dei portieri rimangono confermati invece rispettivamente Albino Pillon e Paolo De Toffol.
La Società di via Foscolo ringrazia Rossi e Bellini per il lavoro svolto in questi mesi".

La farsa è compiuta. Oggi alle 17,30 il Treviso Calcio, con un comunicato di dieci righe pubblicato sul sito internet, ha licenziato Ezio Rossi. Dopo aver preso in giro l'Italia calcistica con la pantomima della riconferma a termine di lunedì pomeriggio, è arrivato l'epilogo che tutti si aspettavano: Rossi a casa e panchina a Alberto Cavasin. Nessun colpo d'ala, nessuna voglia di uscire dal solito copione della squadra in difficoltà e dell'allenatore mandato a casa senza troppi complimenti. No, il Treviso di serie A si è comportato come tutti gli altri: del resto mandare via l'allenatore è un vezzo di chi si crede competente senza esserlo, di chi non accetta le proprie responsabilità ma preferisce scaricarle sugli altri.
Spero solo che il presidente Ettore Setten e il direttore generale Giovanni Gardini si rendano conto che il fallimento del Treviso in A (se fallimento sarà, e ho pochi dubbi su questo) non è colpa di Rossi, che alla fine ha pagato per tutti, ma solo ed esclusivamente loro, gli architetti di una squadra senza capo nè coda.
Ridicole ed ipocrite le parole di chiusura del comunicato, quei ringraziamenti finti all'ormai ex allenatore e all'altrettanto ex preparatore atletico. Degna chiusura di una società che nel calcio "dei grandi" non ha proprio alcun diritto di starci.

martedì, novembre 08, 2005

GUARDIA E LADRI

I "vu cumprà" di Venezia sono diventati molto scaltri. Non possono più vendere liberamente le loro borse tarocche, ma tremendamente uguali a quelle firmate e dai costi proibitivi (non meno di 500 euro). Vigili e forze dell'ordine li perseguitano e si li beccano, oltre al sequestro, fioccano multe pesantissime per tutti, clienti compresi. Ma loro non desistono (e nemmeno i clienti).
Nelle calli attorno a San Marco li vedi girare con grandi borsoni di plastica sulle spalle pieni di tutto, camminano fino a quando non trovano l'angolo buono per allestire in tutta velocità un piccolo bazar. Sono sempre sul chi va là: un occhio alle borse, un occhio ai potenziali clienti e uno a chi svolta l'angolo nella speranza che non siano vigili o uniformi varie. Ma è difficile che cadano in trappola. I pericoli in arrivo vengono segnalati per tempo: un colpo di telefonino, evidentemente da parte di qualche vedetta appostata poco lontano, e raccogliere tutta la mercanzia e poi sparire è questione di un attimo. Passeggiando, oggi, ho visto questa scena varie volte.
E' un gioco a guardia e ladri. Ma guardando le vetrine di Gucci, Prada ecc. e i prezzi scandalosamente alti innocentemente esposti, mi viene spontaneo chiedermi chi siano i veri "ladri"....

Q

Ho appena finito di leggere un bel libro "Q", consigliato da "Q" e da C.B. Ogni tanto ascoltare qualche consiglio fa bene.

ROSSI E IL COLPO D'ALA

Ezio Rossi può tirare un sospiro di sollievo, almeno per il momento. Il suo posto sulla panchina del Treviso è salvo, il presidente Ettore Setten ha congelato i propositi di esonero. Non so come andrà a finire questa storia, sicuramente con il licenziamento di Rossi alla prossima sconfitta (che guardando la media del Treviso non dovrebbe tardare molto ad arrivare...). Però mi piacerebbe vedere un epilogo diverso.
Mi piacerebbe che Setten dicesse a Rossi una cosa del tipo: "Fino alla fine dell'anno rimarrai con il Treviso. Ti abbiamo scelto in estate, abbiamo varato un progetto e lo portiamo avanti. Alla fine vedremo che risultato ci rimarrà in mano".
Mi piacerebbe perchè sarebbe un segnale positivo in un mondo, quello del calcio, sempre più marcio. Un mondo dove i contratti sono carta straccia, gli uomini valgono solo se vincono e i soldi vengono buttati fuori dalla finestra.
Mi piacerebbe che Setten si distinguesse da quei presidenti che, per non ammettere le loro colpe, cambiano allenatori come le mutande. Del resto, diciamo la verità, al Treviso cosa interessa giocare in A o in B? Non se l'è nemmeno conquistata sul campo questa serie A, è arrivata grazie ad una incredibile serie di ripescaggi... Ma per il Treviso, che allo stadio non porta mai più di 5mila spettatori (quando va bene), questa serie A è così indispensabile? E' così necessaria da dover licenziare un allenatore per poi averne a libro paga due e retrocedere ugualmente?
Ma questa esperienza non potrebbe essere utilizzata per guadagnarci in immagine?
Ma è meglio retrocedere seguendo il solito copione dell'allenatore esonerato a campionato in corso, con lo scontato corollario di polemiche, o retrocedere dopo essersela giocata fino in fondo ma sempre a testa alta e coerenti con le proprie idee?
Non è proprio possibile aspettarsi dal Treviso un colpo d'ala?

CAPELLO, CAMORANESI E IL VIP MANCINI

"Se fossi in Camoranesi avrei paura del sorriso di Moggi e Capello", così un giornalista in una delle trasmissioni sportive di chiacchiere e fuffa della domenica sera. Si commentava il fallaccio di Camoranesi su Lucarelli del Livorno, una risposta eccessiva dopo una piccola provocazione. Un fallo da espulsione, ma che l'arbitro ha sanzionato solo con un cartellino giallo. A mandare fuori Camoranesi ci ha pensato però Capello sostituendolo subito nonostante fosse entrato da pochi minuti. L'italo-argentino, sangue caliente, non l'ha presa bene e si è accomodato in panchina visibilmente contrariato dicendo pure qualche parola di troppo al mister che non ha fatto una piega. Ma che si è fatto sentire. Alla Juve funziona così: i panni sporchi si lavano in famiglia e Camoranesi non deve aver passato un bel quarto d'ora alle prese con Capello e Moggi intenti nel fargli capire che, alla Juve, certe scene non si fanno. Oggi Moggi si è limitato a dire che "Camoranesi deve darsi una calmata", senza calcare troppo la mano.
Ammirevole comunque il gesto di Capello che non ci ha pensato due volte nel togliere un giocatore troppo nervoso dando un messaggio chiaro alla squadra: o si riga dritto o non si gioca, a prescindere dal nome. Alla Juve questo lo può fare perchè ci sono delle regole e vengono fatte rispettare. Da altre parti è più difficile anche perchè mancano gli allenatori di polso. Un esempio? Il vip Mancini....

domenica, novembre 06, 2005

QUANTO COSTA LA PANTERA

Dicono che un tg nazionale, Studio Aperto, abbia pagato l'esorbitante cifra di 250 euro per acciuffare per primo il filmato della famosa pantera nera che sembra aggirarsi per le colline della Marca. Il furbo imprenditore che l'ha ripresa mentre se ne stava appollaiata su un albero vicino alla sua azienda, non si è fatto scappare l'occasione di guadagnarci qualche soldino e dopo aver sollevato il caso ha venduto il filmato al miglior offerente. Legittimo, anche se poteva chiedere qualcosa di più...
Non contento, per le televisioni arrivate dopo, ha abbassato il prezzo: 50 euro. Dicono che i giornalisti di tre emittenti, una locale, la Rai e Sky, per non rimanere senza filmato (ve lo immaginate tornare in redazione senza le immagini?) e per non farsi spennare, abbiano deciso di fare un colletta mettendo 15 euro a testa (che fa 45 e non 50, ma va bene lo stesso). Ne hanno quindi acquistato una copia in cd e lo hanno duplicato: la si può considerare pirateria?

sabato, novembre 05, 2005

IL VOLTO DI COPERNICO



Quella che vedete è la ricostruzione al computer del volto di Nicolò Copernico, astronomo vissuto a cavallo tra '400 e '500 dello scorso millennio scorso che per primo avvalorò la teoria eliocentrica dell'universo. Di recente nel, nord della Polonia, sono stati ritrovati i suoi presunti resti tra cui il teschio. Secondo gli archelogi polacchi quelle povere ossa sono dell'astronomo, tutto corrisponde: periodo, età presunta della morte (70 anni, proprio come Copernico), luogo della sepoltura, alcuni segni come una cicatrice sopra il sopracciglio destro ben visibile nella ricostruzione e sul tessuto osseo (non chiedetemi come fanno ad esserne così sicuri). Vero o no, rimane la suggestione di poter vedere nuovamente volti cancellati dai secoli.
(Le foto sono tratte dal sito del Corriere della Sera)

venerdì, novembre 04, 2005

LA BENETTON CHE FU E LA NBA

Ragazzi è finita un'epoca. Parlo della Benetton Basket. Guardare la squadra di oggi, con poca qualità e zero carisma, mette nostalgia. Due-tre anni fa eravamo sicuramente i più forti in Italia e tra i più forti in Europa: adesso quei tempi sono finiti. Se non avete ancora visto giocare la Benetton di quest'anno e avete ancora negli occhi le imprese di quella dei vari Edney, Nicola, Garbajosa, Marconato, Bulleri, Pittis ecc., beh: non andate al Palaverde la delusione sarebbe troppo forte.
Zisis è un buon giocatore, Goree è l'unico che avrebbe potuto giocare anche nella Benetton "vera", gli altri galleggiano in un grigiore continuo (a parte Nicholas che al momento è una vera palla al piede). Il tanto decantato Bargnani deve ancora dimostrare qualcosa: ma come si fa a parlare di Nba per un giocatore che non parte titolare nel suo club, non sempre gioca nei minuti finali quando le partite si vincono o si perdono e, soprattutto, non ha mai messo piede in nazionale? Ma sono veramente finiti i tempi in cui in Nba ci andavano veramente i migliori, quelli che facevano la differenza e che approdavano in America solo dopo aver lasciato il segno in Europa?
Lo dicono anche molti addetti ai lavori: le panchine Nba sono piene di ragazzotti europei che ammuffiscono perchè arrivati troppo giovani e poco abituati alla competizione.
Sarà forse un caso che il miglior giocatore non americano negli Usa sia un tale Ginobili, argentino ma cresciuto in Italia a Reggio Calabria e a Bologna, arrivato in Nba solo dopo aver dimostrato di essere il più bravo del vecchio continente e aver vinto tutto?

giovedì, novembre 03, 2005

GRANDI E PICCOLE: LA DIFFERENZA

Una "piccola" squadra dà l'anima contro una grande, vince e gonfia il petto. Ma solo due giorni dopo cede di schianto davanti ad una formazione ricca di ragazzini. Tipico.
Una grande squadra perde contro una "piccola" e accetta la sconfitta. Ma tre giorni dopo si rialza e supera un'altra grande, sua pari, senza fare una piega. Questa è la differenza (grazie a Belfagor).

mercoledì, novembre 02, 2005

40 ANNI DOPO, LUCE SUL VIETNAM

Forse a fine mese la Nsa americana (National Security Agency) _ si legge su Repubblica _ renderà finalmente pubblico un fascicolo del 2001 in cui viene rivelatà una verità che tutti sospettano da anni: il famoso incidente nel golfo del Tonchino, che nel 1964 diede il via al massiccio intervento Usa in Vietnam, è stato manipolato e strumentalizzato. La storia ufficiale è questa: nella notte del 4 agosto 1964 due cacciatorpedinieri americani, il Maddox e il Turner Joy, vennero attaccati da delle motosiluranti della marina del Vietnam del Nord. L'allora presidente Lyndon B. Johson prese la palla al balzo e il 7 agosto chiese e ottenne dal congresso l'autorizzazione ad un massiccio intervento armato dell'esercito Usa in Vietnam. Ebbe così inizio (almeno ufficialmente) una guerra durata 10mila giorni, costata quasi 60mila vittime americane e milioni di vittime civili.
Bene. Secondo le carte in possesso della Nsa il 4 agosto nel golfo del Tonchino non accadde nulla. Le due navi erano in missione clandestina per sostenere una grande offensiva lanciata dall'esercito del Vietenam del Sud (filoamericano) contro il nord (filocomunista). Ad un certo punto gli addetti al sonar credettero di sentire dei pericoli in arrivo e diedero l'allarme: i cannoni dei due cacciatorpedinieri aprirono il fuoco contro il nulla. Fuori non c'era nessuna minaccia. Versione confermata anche da dei piloti americani, di scorta alle navi, in volo sopra il golfo e che non videro nessuna imbarcazione nemica. Stando al fascicolo ancora segreto, dei funzionari capirono subito l'errore ma lo tennero nascosto per dare al Presidente l'Usa il pretesto per intensificare lo scontro contro la parte comunista del Vietnam.
Prove falsificate, pretesti per lanciare una guerra: una storia che mi sembra di risentire in questi giorni...

SEMPRE COLPA DEI GIORNALISTI?

Riporto pari-pari (ovvero copio e incollo) un articolo a firma di Vittorio Zucconi da poco pubblicato su Repubblica.it. Argomento: SB, le sue dichiarazioni, le sue smentite, le sue accuse di faziosità ai giornalisti. Non nego che Repubblica sia sempre molto critica verso SB, ma è anche vero che la critica la può esercitare solo chi usa correttamente i proprio mezzi (o quanto meno tenta di tutto per farlo). Leggete la ricostruzione di Zucconi della conferenza stampa in cui SB dice che G.W. Bush teme la vittoria del centrosinistra in Italia per poi smentire tutto di lì a qualche minuto.

Inseguire le smentite, le autocorrezioni e le acrobazie del primo ministro Berlusconi è sempre impresa che produce qualche vertigine, ma sulla vicenda del "timore" americano per una possibile vittoria elettorale del centrosinistra, i fatti sono chiari e verificabili da dozzine di testimoni presenti. Berlusconi ha dovuto smentire se stesso e le proprie parole nell'arco di una stessa conferenza stampa.

Torniamo all'auditorium dell'ambasciata italiana di Washington, lunedì 31 ottobre, alle ore 13.45 locali. Seduto tra l'ambasciatore Castellaneta e il portavoce Bonaiuti, il premier italiano risponde alla domanda della inviata del TG1, affermando, senza mezzi termini, dopo avere illustrato l'agenda dei colloqui e nel quadro della sua conversazione con Bush appena finita (il contesto è importante) che "il presidente teme il cambio di governo in Italia", per "le posizioni sul ritiro delle nostre truppe dall'Iraq", fatte dal centro sinistra.

La conferenza stampa si trascina stancamente, per un'altra ora circa, zigzagando fra vari argomenti. Ma per i giornalisti più accorti, è quella frase che resta impressa. Si alza un inviato del Corriere della Sera che vorrebbe capire meglio la storia del "timore americano". Berlusconi ripete quello che ha già detto: "Il governo americano teme la vittoria della sinistra". Chiaro? Chiarissimo. La frase non è un'interpretazione, un'estrapolazione, un'ipotesi. E' un'affermazione netta, soggetto, verbo all'indicativo presente, complemento oggetto, attribuita al governo americano, dunque a George Bush, l'uomo con il quale Berlusconi ha appena finito di discutere e di pranzare per due ore.

L'agenzia Ansa, correttamente, si affretta a lanciare un flash con la notizia: un governo straniero, e specialmente un governo come quello americano, che esprime platealmente la propria preferenza elettorale verso una democrazia alleata e sovrana in piena campagna elettorale, è "big story", faccenda grossa. Bush ci manda a dire, attraverso Berlusconi, come noi italiani dovremmo votare. Pochi minuti più tardi, un'altra agenzia, la Ap.com, chiede a Fred Jones, uno dei portavoce del governo, chiarimenti. Jones riafferma la imparzialità e la assoluta non ingerenza della Casa Bianca di fronte a elezioni democratiche in paesi sovrani. E' la prima smentita.

Prima che la conferenza termini, dopo un interminabile e non richiesto comizio del premier su euro, finanziaria, lavoro, Cina, petrolio, commercio internazionale e altro, l'inviato di Repubblica - io - si alza per chiedere ancora una volta di chiarire un punto così rovente e chiaramente destinato ad avere una eco enorme in Italia: "Presidente, a scanso di equivoci, lei ci sta dicendo che il presidente Bush ha espresso a lei una preferenza elettorale contro il centro sinistra?".
Berlusconi, finalmente, capisce di averla fatta fuori da vaso. "No, no - mi risponde - Bush non lo ha detto, ma mi sembra logico, come uno più uno fa due, che al governo americano non possa piacere che in Italia vada al potere una coalizione che si è espressa sulla posizioni di Zapatero". Dunque egli ha attribuito, nelle prime due risposte, a Bush quello che era invece la sua opinione di capo di un partito e di una coalizione. Legittima, fino quando sua, arbitraria quando messa sulla labbra di un altro governo.

La stessa agenzia Ansa, di nuovo correttamente, si affretta a lanciare un altro dispaccio per informare che Berlusconi ha di fatto corretto la propria affermazione e ha negato che sia stato Bush a esprimere quella opinione. Un fatto che sarebbe stato di colossale gravità politica, sicuro produttore di passi diplomatici e di marce indietro.

Tanto grave sarebbe stato che alcune ore più tardi, sollecitato dai giornalisti italiani di agenzia come si fa, o si dovrebbe fare sempre in questi casi, il portavoce dello Nsc, il Consiglio per la Sicurezza Nazionale, il circolo più alto dei consiglieri presidenziale per la sicurezza e la politica estera, ribatte il chiodo e afferma l'ovvio, che al Berlusconi delle 13 e 45 era sfuggito e che il Berlusconi delle 14 e 45 aveva capito e riacciuffato, ma soltanto dopo la mia insistenza nel precisare: informa che la posizione del governo americano è quella di sempre, che "le scelte elettorali del popolo italiano riguardano esclusivamente il popolo italiano". Tradotto: la Casa Bianca (di cui lo Nsc è il cuore strategico) avverte che l'aritmetica di Berlusconi, "l'uno più uno fa due", lo accenno a Zapatero, la storia dei "timori" è tutta farina del sacco italiano.

Fine della solita, triste, umiliante storia déjà vu mille volte, di un capo del governo che nel fervore della propaganda elettorale perde il senso del proprio ruolo istituzionale quando si muove come presidente del consiglio dei ministro all'estero, dunque rappresentando la nazione e il Parlamento insieme. E anziché umilmente scusarsi, cerca di scaricare sui giornali la propria irresponsabilità.

Sempre colpa dei giornalisti?